L’importanza di una fase post-operatoria e di recupero ottimale: i casi nel nostro campionato di Serie A

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“Ancora un infortunio”, “Ecco la recidiva per il talentuoso giocatore”, “Il ginocchio non dà tregua”… Quante volte, oggigiorno, leggiamo testate giornalistiche sportive con questi titoli?

Ormai sempre più spesso, uno degli argomenti più dibattuti riguarda proprio il recupero post-chirurgico e la previsione delle tempistiche di ritorno in campo.

Non più tardi di 10 anni fa, gli ortopedici assicuravano ai pazienti con una lesione del legamento crociato anteriore (LCA) un risultato eccellente nel 90-95% dei casi con la ricostruzione chirurgica e, purtroppo, questa informazione può ancora essere ascoltata in qualche ambulatorio. Osservando e analizzando i recenti studi che hanno valutato il ritorno allo sport, il rischio di subire una lesione del neolegamento o una lesione del LCA controlaterale e la scelta del trapianto hanno mostrato come lo scenario immaginato sia in realtà meno roseo.
- Nello studio prospettico di Walden et al. (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27034129), dove sono stati seguiti 78 club professionisti di calcio per 4 anni, sono state riportate 140 lesioni complete del LCA. Prima di completare la riabilitazione, 5 pazienti hanno avuto una lesione del neolegamento e 4 pazienti una lesione del LCA controlaterale. A 3 anni, l’86% dei soggetti giocavano a calcio, ma solo il 65% aveva ripreso l’attività sportiva al livello precedente l’infortunio. Quindi, se un paziente ci chiede quale sarà la probabilità di ritornare allo sport al livello prelesionale, dovremmo rispondere 65% e non 95%.
.- La revisione con meta-analisi di Wiggins et al. (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26772611) ha indagato il rischio di una recidiva e di una lesione del LCA in giovani atleti dopo la ricostruzione del LCA. Gli autori hanno mostrato un allarmante rischio del 7% di recidiva e dell’8% di lesione del LCA controlaterale. Questo rischio totale del 15% aumenta al 23% per gli atleti con meno di 25 anni. Nonostante lo studio di Wiggins presenti numerosi limiti, gli autori mostrano che i risultati nei giovani atleti possono non essere eccellenti nel 90-95% dei casi come storicamente promesso. Il 25% circa dei soggetti (un atleta su 4) avrà un nuovo infortunio importante dopo la ripresa delle attività sportive.
Il risultato dopo la ricostruzione del LCA non deve essere valutato solamente con la stabilità post-operatoria del ginocchio, ma anche con la capacità dell’atleta di riprendere l’attività sportiva al livello precedente. Considerare questi aspetti potrà permettere di migliorare il nostro lavoro nella prevenzione di un nuovo infortunio e nell’ottimizzazione del ritorno allo sport.

- I programmi preventivi, basati sul training neuromuscolare, sono efficaci nella prevenzione delle lesioni del LCA e, di conseguenza, dovrebbero essere incorporati nella riabilitazione post-chirurgica per ridurre il rischio di un nuovo infortunio. Un altro aspetto molto importante è rappresentato dalla psicologia del ritorno allo sport (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25293342http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25157180).

- Riportare i risultati di questi studi permetterà agli atleti di essere completamente informati sui rischi e sui benefici dell’intervento chirurgico, oltre che fornire una solida base per gli studi futuri sull’ottimizzazione dei risultati, compresa la prevenzione di un nuovo infortunio.
McCormack RG, Hutchinson MR. Time to be honest regarding outcomes of ACL reconstructions: should we be quoting 55-65% success rates for high-level athletes? Br J Sports Med. 2016 May 26 (Cit. S. Passigli – http://www.kineticsportcenter.com/tempo-onesti-sui-risultati-della-ricostruzione-del-legamento-crociato-anteriore/).

La situazione è sempre più affrontata e studiata dai maggiori esperti del settore e certamente, in futuro, si potranno prevenire tali recidive, nel rispetto dei tempi fisiologici di recupero imposti dal nostro organismo, ma soprattutto con la convinzione che si impostino percorsi terapeutici integrati ad hoc, sempre più specifici e specialistici, in modo da poter curare, rinforzare e soprattutto prevenire infortuni così importanti, che quotidianamente mettono a rischio la carriera di un giocatore.

Osteopatia: perché?

Perché è naturale. Nulla di più naturale delle mani dell’Osteopata per ripristinare ciò che la natura ha stabilito, e cioè la mobilità delle strutture corporee e dunque la loro funzione. Ha basi scientifiche solide, non usa farmaci né altri strumenti. Mira alla causa e non solamente alla cessazione del sintomo, al benessere e all’equilibrio psico-fisico.Andrea Nitri

FAQ / Domande

Qual è il significato del termine Osteopatia?
Etimologicamente deriva dal greco oστέον (osteon) - osso, e πάθοσ (patos) - sofferenza. Questo termine nella sua essenza indica che sia la salute che la malattia dipendono dallo stato di efficienza dell'apparato locomotore. Osteopata, in lingua inglese (Osteo-path) indica colui che agisce terapeuticamente sul corpo umano attraverso "il sentiero" delle ossa. È comunque utile sfatare l'erronea opinione che l'osteopatia coinvolga soltanto le ossa, essa al contrario lavora su tutte le strutture del corpo: articolazioni, legamenti, muscoli, tendini, tessuto connettivo, e anche sugli organi e sul cranio con tecniche non invasive ed appropriate.
Quali sono i principali strumenti dell'Osteopata?
Le mani dell'Osteopata sono allenate a percepire le piccole variazioni che avvengono nei tessuti, raccogliendo così dati importanti sulla temperatura corporea locale (indice di infiammazione), e sulla loro consistenza; pertanto il principale strumento di lavoro è un buon lettino e la propria sensibilità. L'Osteopata non tocca necessariamente le parti dolenti del paziente, ma quelle che sono causa della disfunzione: così un mal di testa può essere trattato osteopaticamente agendo sulla cervicale, su una spalla, o persino trattando solo l'osso sacro.
Occorrono esami medici clinici per la valutazione osteopatica?
E' consigliabile, quando siano già stati fatti dal paziente, portare con sé al primo incontro raggi X, ecografia, TAC, risonanza magnetica, ecc., per ricercare eventuali controindicazioni al trattamento osteopatico. L’osteopata comunque, non essendo un medico, non può assolutamente prescrivere esami strumentali.
Che genere di tecniche vengono usate?
A seconda dell'età e della gravità del problema l'Osteopata applica le tecniche più adatte al caso, che comunque non sono dolorose o invasive per il paziente siano esse strutturali, craniali o viscerali.

Collaborazioni esterne

Dott.ssa Candeo Gabriela - Pediatra
Dott. Di Lenna Fabrizio - Farmacista
Dott. Braga Andrea - Ginecologo
Dott. Castelli Fabrizio - Odontoiatra
Mauro Magnone - Tecnico Posturometrico

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